L'autunno e gli eroi di cui non parla nessuno.


Ogni anno si consuma una tragedia sotto gli occhi di tutti qui ad Amburgo. Una tragedia silenziosa, le cui vittime sono oggetti inermi eppure così maledettamente indispensabili, parti integranti di ogni bagaglio in ogni uscita mattiniera, diurna, serale e notturna. In inverno o in estate. Pronti all'azione nelle giornate certe, in quelle prevedibili e anche in quelle in cui non lo si sarebbe mai detto.
Un oggetto mai più senza a cui ci si abitua fin da subito qui al nord: l'ombrello.

Un ombrello in borsa non deve mai mancare. Non importa se quando ci si sveglia ci sono 25 gradi – facciamo 13 che è più realistico – e il sole splende. All'interno della stessa giornata il tempo può cambiare anche 10 volte. Roba che si entra al volo in una Bäckerei per ripararsi da uno scroscio di pioggia improvviso, nei cinque minuti che arriva il Latte Macchiato fuori è Maiorca, si beve in fretta il beverone scottandosi la lingua per non sprecare il bel tempo e nel momento in cui si afferra la maniglia per uscire, piove il mondo – si viene travolti da quelli che si buttano nel locale e si bruceranno la lingua a loro volta.
Una protezione indispensabile nei giorni di pura schizofrenia meteorologica.

Ci sono però alcune giornate in cui moltissimi ombrelli vengono immolati alla causa e proprio di questo tratta questa storia.


È ufficialmente iniziata la stagione in cui è in assoluto più a rischio l'incolumità dei nostri amici a 16 bacchette – piegabili o classici con manico ricurvo, del Rossmann o di marca non fa differenza.

Nelle mattine d'autunno la pioggia cambia direzione continuamente. Raramente arriva solo da sopra. Molto più spesso arriva da davanti così che l'ombrello diventa un vero e proprio scudo che oltre al corpo ripara anche la vista – lo schianto contro pali e lampioni è sempre in agguato. Quando però arriva la folata da sotto o, peggio, da sotto e da dietro, non si salvano nemmeno gli scudi di titanio cromato. L'ombrello rigonfio di vento si alza in volo, le braccia si allungano per ritirarlo indietro, qualche secondo di elegante tensione e gioco di forza, finché la raffica anseatica vince e il nostro ombrello rovescia la sua corolla verso il cielo. Manovre disperate di rianimazione riescono a riportarlo in vita una, due, al massimo tre volte. Poi però le forcelle non ce la fanno pù, il telaio si spezza, la vittima è tra le nostre mani. Verrebbe da lasciarlo lì, agonizzante sul marciapiede, un eroe che tutti devono vedere... però vince il senso civico e la carcassa viene miseramente buttata nel primo cestino pubblico. Di queste scene se ne vedono decine al giorno, cestini intoppati da ex combattenti che sarebbero degni di ben altra sepoltura.

Poi ci sono gli ombrelli che riescono a vincere la sfida contro la bufera e che, guerrieri sventurati, sono poi vittime di abbandono. Dimenticati sugli autobus o sulla Ubahn nello spazio tra sedile e finestrino; restano lì, soli ad aspettare le prossime braccia pronte a sguainarli e non immaginano nemmeno che le mani che li raccoglieranno saranno invece quelle dei netturbini della HVV.


Questo post è per lanciare ufficialmente la campagna #savetheumbrellas. Vedete un ombrello in un cestino caduto durante la lotta col vento? Fotografatelo su Instagram, così senza motivo.