Italians on board


Negli ultimi anni ho preso tantissimi aerei, la maggior parte dei quali verso e dall’Italia.
Qualcosa è cambiato dai miei primi voli e non mi riferisco allo snack o al comfort, di gran lunga degradati. I voli italiani sono diventati seri, i viaggiatori si sono conformati agli altri, la globalizzazione ha invaso le cabine. Nessuno, o quasi, si azzarda più ad applaudire una volta che il velivolo tocca terra. Era la cosa che mi aveva colpita di più la prima volta. "Che bello, in aereo si mangia e alla fine quando siamo arrivati, tutti sono contenti e battono le mani". Solo stando all’estero ho capito che l’allegria da atterraggio è, o era, tutta italiana. 

"Ah i soliti italiani che battono le mani in aereo". Ma perché poi? Perché il pilota è stato bravo? E allora anche l’autista della 90 si merita un applauso ogni volta che arriva al capolinea! E anche il barista, l’impiegato in banca, il ginecologo, il parrucchiere…tutti dovrebbero essere ringraziati a suon di battimani perché lavorano così bene: che frenata precisa al semaforo, che caffè macchiato divino, che meraviglioso bonifico, che pap test eccellente, che meches favolose. Clap clap clap
Ecco dunque che la vergogna prende il posto dell’ilarità, non facciamoci riconoscere per un gesto così stupido e insensato che poi diventiamo gli zimbelli del mondo e degli aeroporti!
Eh no signori, io non ci sto!
La verità è che applaudire alla fine del volo è liberatorio. Il pilota manco lo sente con tutto il casino che ha nel cockpit. Siamo arrivati interi a destinazione. È inutile fare i razionaloni dicendo che volare è il mezzo più sicuro in assoluto. Vero, statisticamente parlando si crepa più facilmente in macchina che non in aereo. Ma tutti, anche i più coraggiosi, quando arriva una turbolenzina hanno quel subbuglio che appesantisce lo sterno. Anche i business yankee che fanno i superiori sbuffando perché nel traballamento hanno fatto un errore di battitura nella mega tabella excel che salverà le sorti dell’azienda, hanno quel microsecondo di “oh cavolo”. Nessuno riesce a far finta di niente e se lo scossone è bello forte anche il sorriso della hostess stangona si irrigidisce, fateci caso.
Quindi sì, battiamo le mani perché siamo arrivati. Vivi.
Siamo un popolo di scaramantici, e allora?
Non mi dà fastidio essere bollata come quella che ama la vita a tal punto da battere le mani a uno sconosciuto che nemmeno mi sente e a cui, sostanzialmente, non gliene frega un un bel niente della mia contentezza.
E poi, scusate, meglio essere ricordati come i soliti italiani che battono le mani in aereo, o come quelli che hanno avuto per 17 anni un presidente del consiglio che andava a ...– no vabbè, troppo facile e demagogico così…
Riproviamo
Meglio essere ricordati come i soliti italiani che battono le mani in aereo, o come il popolo che ha creato ed esportato la mafia nel... – no vabbè, troppo populista, non vale…
Altro tentativo
Meglio essere ricordati come i soliti italiani che battono le mani in aereo o come coloro i quali provano sempre ad aggirare le regole, arrivano costantemente in ritardo, guidano come dei selvaggi, sono inaffidabili, sono nevroticamente fissati con l’apparenza, sono bigotti al punto da non tollerare una mammella gonfia di latte in un bar ma con le veline mezze nude in TV? Perché è questo che dicono di noi quando si mettono lì ad elencare i lati negativi della Bella Italia.
A me piacerebbe invece che l’Italia venisse descritta come il Paese con il sole sulle coste e dentro le persone. Una terra in cui il cibo ti rinvigorisce l’anima e la magnificenza culturale ti riassesta il cervello spappolato dalla routine. Il posto in cui andare a vivere perché si sta meglio che altrove…se non fosse che ogni volta che ci vado devo sorbirmi 30 secondi di applausi in aereo.