Il contrappasso goloso

C’era una volta una ragazza che aveva un talento speciale: sapeva preparare torte squisite e con le sue dolci creazioni amava deliziare il palato dei suoi più cari amici.

Un giorno, mentre sbatteva sei uova insieme a tre cucchiai di zucchero e a un pizzico di noce moscata, apparve nella sua cucina una fata cicciona, dalla faccia maliziosa e dai capelli rossi sbiaditi. Katjana, questo era il nome della fata cicciona, chiese a Valeria, questo era il nome della nostra pasticcera, di farle un favore. Le mostrò la foto di una fata molto magra, dai bei capelli scuri e fluenti, che teneva la mano a un giovane principe biondo con gli occhiali. Katjana raccontò a Valeria che l’odiosa fata magra le aveva rubato il principe dei suoi sogni e che voleva vendicarsi. Le chiese quindi di preparare una torta da 17 mila calorie a boccone che facesse ingrassare di almeno 50 kg la rivale. In cambio Valeria avrebbe ottenuto tutto quello che più desiderava: una pasticceria tutta sua dotata dei più moderni strumenti esistenti sul mercato e con tre apprendisti palestrati pronti a esaudire ogni sua richiesta.
La proposta di Katjana era senza dubbio molto allettante per Valeria ma andava assolutamente contro le sue regole etiche: i dolci devono essere un piacere, chi li mangia deve sentirsi felice. Inoltre è bene estirpare dalla società l’idea che le torte facciano ingrassare! “Mi dispiace fata Katjana ma proprio non posso accontentarti. E se il principe ha scelto la fata magra è perché è lei che ama e tu devi fartene una ragione”. Il rifiuto di Valeria fu per la fata Katjana un affronto troppo grave. “Come osi? Per questa tua sfrontataggine ti lancio una maledizione: ogni volta che qualcuno mangerà una delle tue torte, dalla sua bocca usciranno parolacce e oscenità. E più buona sarà la torta, più amari saranno gli improperi!”. La fata Katjana scosse i suoi fianchi ciccioni per tre volte e scomparve. Per un momento ci fu uno strano silenzio, poi tutti gli utensili di Valeria tremarono, così che lei sentì un forte tintinnio.
Valeria lì per lì non credette alla maledizione. Anzi, pensò di essersi immaginata tutto, probabilmente si era addormentata a causa del rum che aveva assaggiato prima di metterlo nella crema di mascarpone, cacao e nocciole. Tornò così alla sua torta: la sera avrebbe avuto ospiti!
E infatti, qualche ora dopo, arrivò il momento del dessert. Valeria tagliò la torta e si accorse di un leggero odore di bruciato, ma proprio minimo, nessuno se ne sarebbe accorto.
“Cavolacci che buona Vale, complimenti”. Ecco il commento di Christian.
Niente parolacce dunque…Valeria era sempre più convinta di essersi sognata l’incontro con la fata Katjana.
Il giorno dopo preparò un’altra torta e la fece assaggiare a sua sorella Alessandra. “Cazzarola sorellina, sei stata proprio brava!”. “Meno male, pensò Valeria, anche se ho sbagliato con lo zucchero il risultato è stato comunque buono!”. C’era un motivo per cui Valeria faceva così tante torte: la sua amica Mari le aveva commissionato una torta di nozze e così Valeria voleva allenarsi per non fare brutta figura. Tre giorni dopo, dunque, fece una prima prova della torta nuziale e la fece assaggiare a Marco. “Madonna ‘sta torta è fantastica!”. Valeria era contenta e diede a Marco un’altra fetta. “Minchia che figata ‘sta torta!”. “Ma Marco - chiese Valeria - ma tu non avevi fatto la scuola steineriana, in cui bisogna lavarsi la bocca con il sapone se si dicono le parolacce?”. Marco era sorpreso: “E chi ha detto parolacce?”. Valeria ebbe un tremito. Marco non solo aveva detto almeno due parolacce in una frase ma non se ne era nemmeno accorto! E se la maledizione fosse stata vera? Le torte che aveva fatto assaggiare a Christian e ad Alessandra non erano poi così buone, per questo le maleparole erano state tanto leggere!
Il tempo passò e il giorno del matrimonio arrivò. Valeria preparò con amore tre torte al cioccolato meravigliose, decorate con gusto e delicatezza. Quando presentò orgogliosa le sue creazioni, però, non ricevette la reazione che si aspettava. Da ogni angolo arrivarono grida di stupore accompagnate da altrettante imprecazioni del tipo “porca putt.... quanto è bella”, “merda, questa volta ha superato se stessa”, “li mortacci, è fichissima”. E all’assaggio la situazione non migliorò: “cazzo se è buona!”, “Valeria, come pasticcera, spacca, lei si che ha du’ cojoni tanti!”… e ancora “Questa torta è fottutamente la migliore della mia fottuta vita”, “e ‘sti cazzi, alla faccia di quel pirla del pasticcere sotto casa mia che vuole 60 euro per una crostata di merda, a quello gli metterei un cannolo nel c...o”. Questo era troppo per le povere orecchie educate di Valeria. Lasciò imbarazzatissima il locale del banchetto nuziale, tornò a casa e buttò all’aria i suoi utensili prima di scoppiare in un pianto dirotto. Ad un certo punto si sentì sfiorare la spalla e si girò: si trovò davanti la fata magra della foto. “Valeria – disse – io posso aiutarti a sconfiggere la maledizione ma devi fare esattamente quello che ti dico, senza né mah né bah”. Valeria si asciugò le lacrime e la fata proseguì. “Devi invitare tutti i tuoi amici a casa tua per il tuo compleanno, fra due settimane, e preparare la torta più cattiva che esista”. Valeria era sbalordita. “Ma fata magra, non posso di certo fare una cosa del genere, poi cosa penserà la gente?”. La fata si innervosì ma cercò di rimanere cortese: “Dì un po’, preferisci una figuraccia che poi tutti dimenticano o vuoi per sempre essere coperta d’insulti ogni volta che fai una torta”. Detto questo la fata magra se ne andò.
Valeria inizio a scervellarsi, non aveva idea di come fare una torta schifosa, era troppo brava, troppo attenta e capace. Dopo giorni di riflessione e di esperimenti per fare una crema vomitevole le rimase solo una soluzione: rivolgersi alla sua amica Mari, una vera esperta in torte immangiabili. Mari, sconvolta e, in fondo, fiera che una brava come Valeria chiedesse un aiuto culinario a una schiappa come lei, le dettò la sua ultima creazione. Valeria seguì tutto alla lettera: latte, 7 uova, 8 cucchiai di zucchero, 200 gr. di uvette, un bicchiere d’olio di semi, una spruzzata di peperoncino per il tocco etnico, tre panetti di burro aromatizzato alle erbe, cannella e, il trucco segreto, una tazza di camomilla fredda senza zucchero. “Sbatti bene il tutto e mettilo in forno a 150 gradi per 20 minuti, vedrai che meraviglia”.
Il giorno del compleanno arrivò e Valeria, preoccupatissima, servì in tavola il suo dolce. Quando gli invitati assaggiarono, non ricevette la reazione che si aspettava “Che schifo, ‘sta torta fa cagare!”, “È la torta più merdosa che abbia mai mangiato, fuck”, “Bisogna essere proprio stronzi per fare una torta del genere (il commento di Mari)”. Poi ci fu un silenzio profondo e tutto si fermò. Tutti erano immobili, Valeria era l’unica che poteva muoversi. Ne approfittò quindi per andare in cucina e tirare fuori dal frigo il tiramisù che aveva preparato come riserva. Quando lo mise sul tavolo, come per incanto, la torta schifosa sparì e tutti tornarono a muoversi. Il tiramisù fu accolto con gioia e senza parolacce - l’unica fu Mari che disse un sonoro “merda” dopo essersi rovesciata un bicchiere di vino rosso sulla camicetta bianca.