A A A Amico di penna cercasi


L'Istituto Italiano di Cultura ha organizzato un incontro dedicato al bilinguismo - in particolare ai miti da sfatare e duri a morire sull'educazione bilingue. Un intervento contro le solfe del tipo "poi parla tardi, parla male, si confonde, non impara..." tenuto da un Professore Italiano di Romanistica dell'Università di Amburgo. Andare a una serata dedicata alla linguistica è per me come incontrare quell'ex che si dice di non amare più.
Guarda, me ne sono fatta una ragione, davvero, niente rancore! Oh ma che coincidenza, anche tu prendi il caffè qui... ma certo, non ci avevo fatto caso che è proprio dalle tue parti. Fino a un brutalmente sincero: sapevo che ti avrei trovato qui, con lei, e volevo provare che effetto fa rivederti dopo così tanti anni, quando tutto è cambiato, ora che non si può tornare indietro.

Oltre a riflessioni alla sliding doors - e se i parrucchieri tedeschi non fossero quello che sono il mio taglio sarebbe mooolto simile a quello della Paltrow dei nostalgici - oltre a crisi esistenziali dicevo, l'incontro ha sicuramente risvegliato la mia voglia di blog. Posto quindi finalmente un pezzo nato sulla sdraio ad Agosto e che non ha più visto la luce calda del sole. Quasi come me del resto da allora...



- Perché non sei abbronzato? -  gli chiede il ragazzino carbonizzato con la canna da pesca.
Lui è seduto bianchiccio sulla sdraio e guarda i bambini pescare sul molo. È la prima volta che un bambino del posto gli rivolge la parola in tutta la settimana.

- Perché sono al mare da poco - risponde leggermente intimidito.
- Come cavolo parla questo?! - dice quello maleducato coi capelli rossi.
- Perché, come parla?- chiedono un paio da dietro.
- Boh, ha un accento strano!

- È perché sono tedesco – dice lui tra orgoglio e imbarazzo – ma sono bilingue, mia mamma è italiana.

Voci miste: - Belin, è tedesco... ecco perché è così bianco... crucco...
- Mi dici qualcosa in tedesco?
- Ehm, cosa devo dire?
- Chiedi come ti chiami.
- Wie heißt du?
- Eh, wi eischt yu?
E ridono tutti.

- Dai, ancora qualcosa, dicci quanti anni hai e dove abiti!
- Ich heiße Davide, ich bin 6 und komme aus Hamburg.

Belin... ahahahah....
- Io so dire una cosa in tedesco: Scheiße! Vuol dire merda ahaahaha
- Anche io so dire una cosa in tedesco: Pissen!

E tutti ridono.
- Come si dice in tedesco casa?
- Haus!
- E albero?
- Baum!
- E spiaggia?
- Strand!
- E... cazzo?
- Ehm... ehm...
(Sven mi blocca immediatamente.)

Ahahah non lo sa.
- Dai, allora dicci una parolaccia in tedesco.
Ci pensa, si concentra. Dai Davide, è il tuo momento, digli quella cattiva che se la mamma ti sente son guai, tanto non ti sento.

- Ehm ehm... Pappnase!
Giacomo, suo fratello, esplode a ridere.

Pappnase... ha detto Pappnase!
Poteva dire Arschloch, poteva dire Schlampe, poteva dire Verpisst euch.
Poteva andare sui più blandi Kacke, Verdammt o sui regionali Fischkopf o Knalldüde.

E invece ha scelto Pappnase... naso di cartone. L'insulto meno offensivo che esista.
- E cosa vuol dire scusa?!
- Ehm, mamma, come si traduce in italiano Pappnase?
Mi alzo, respiro, Sven trema. Vuol dire l'equivalente di testa di minchia.
E tutti ridono, che parolacce cattive che conosce il bambino crucco!

Cari lettori del blog che vivete in Italia con figli che vivono e crescono in Italia. Questo appello è per voi. Come pensate che sopravviverà le vacanze in Italia durante la pubertà mio figlio, eh? Che sentirà dire cose che io nemmeno costringendomi a seguire Rovazzi su Instagram per i prossimi 8 anni sarò in grado di trasmettere.
Se questo in spiaggia la sera a bere di nascosto dice che non ci sta più dentro, come fa poi a integrarsi nel gruppo, a essere preso sul serio. Se dice che sua madre lo deve mollare mentre gli altri hanno probabilmente già uno slang giovanile cibernetico e chissà cosa ci fanno lessicalmente con le loro madri... come fa a non sentirsi un diverso, un tedesco con in bocca un vocabolario italiano anni 90?
Cari lettori e lettrici del blog, aiutate una madre expat e chiedete ai vostri figli di diventare amici di penna di Davide. O amici di Whatsapp, o di Snapchat o co-follower di YouTube. Basta anche una email, un messaggio, uno Snap, una IG Story o un video-tutorial al mese per scambiare un paio di insulti e parolacce, per macchiare un minimo il lessico di questo povero mezzo milanese che come massimo sgarro all'educazione dice “Mamma, non mi snervare”.

Grazie.

PS: se qualcuno è interessato alla discussione sul bilinguismo tenutasi all'Istituto mi scriva pure a racconticavolo(a)googlemail.com oppure su Facebook :)