Preghiera di una milanese estroversa ai suoi connazionali d’oltre cavolo



Ma da quando noi italiani siamo diventati come i tedeschi?
Non ci salutiamo più, non scambiamo più due chiacchiere anche se non ci conosciamo, non gioiamo per la coincidenza di essere connazionali che si sono incontrati oggi, ad Amburgo.  

Oggi sulla metro di ritorno verso casa, Davidino urlava a squarciagola e in italiano i nomi di tutte le cose che vedeva – atteggiamento molto poco teutonico. E l’inconveniente linguistico dell’ultima ora non è mancato. “Mamma, oh no catso?!?” – “Davide, oh no gatto!” – “Nein mamma, oh no catso!” – “Aaaah, oh no canzone!” – “Hmhmhm ja mamma, oh no canzione!”. MAI dire parolacce in presenza di un duenne. Capisce. Memorizza. Ripete. Il signore scuro vicino a me ha fatto un ghigno divertito molto evidente. Poi, al momento di scendere, mi ha tenuto aperta la porta del vagone dicendo “Prego”. Io ho risposto “Grazie”, un po’ sorpresa, ma in negativo. Ma possibile che ci abbia messo tutto il tragitto di 8 fermate prima di azzardare l’approccio linguistico e umano? Quante volte gli sarà capitato di incontrare una mamma italiana sulla U3 di Amburgo? Amarezza anche verso me stessa, che avevo sospettato la provenienza di costui ma non osato chiedere, che magari quello se la rideva per i cavoli suoi. 

Ma siamo diventati davvero così introversi, riservati, scorbutici e anseatici?

Tempo fa al parco giochi del centro un papà chiamava “Ginevra, vieni qui, Ginevra fai piano, Ginevra vuoi l’acqua?”. Poi Ginevra era davanti a Davide sullo scivolo e non voleva scendere. Io blocco la manina del crucchino che puntava minacciosa verso i riccioli della bimba e dico con voce bella alta: “Davide, ora Ginevra scende e poi tocca a te”. Il padre italiano mi guarda indifferente, non una scintilla negli occhi, non un “ah, italiani anche voi”. Non un  “facciamo giocare insieme i nostri bambini e intanto parliamo male di Berlusconi”. Niente.

E ancora più tempo addietro, all’Ikea. Una coppia italiana sale sull’ascensore insieme a noi. Parlano e io, come sempre troppo eccitata quando sento la mia lingua, curiosa di sapere cosa porta la gente quassù, avida di storie, avanzo il mio. “Italiani? Madddai! Di dove?” – l’ascensore si apre, i due dicono “di Roma” e se ne vanno. Non capisco, ma vi sembra che incontrare altri italiani all’Ikea di Schnelsen sia una cosa da tutti i giorni? O forse devo andare a comprare Billy, Malm e Pax più spesso per sentirmi più a casa?

Ma da quando siamo diventati tedeschi?!?!? Da quando abbiamo iniziato a provare diffidenza verso gli sconosciuti? Non eravamo il popolo più simpatico d’Europa?

Signore della metropolitana, papà di Ginevra, romani dell’Ikea: ma che vi sta succedendo?!?! Siamo qui, in Germania, ad Amburgo, al nord, a farci massacrare dal freddo e dalla pioggia, circondati da spilungoni biondi che manco sanno pronunciare la r. Non lasciamoci ingrigire, restiamo uniti, regaliamoci a vicenda quel piccolo raggio di sole che altrimenti stenteremmo a vedere. Se una ragazza con accento meneghino (mica che sia questo il problema?) e passeggino vi assale di parole ed entusiasmo, non spingetela via, ditele di dove siete, raccontatele un aneddoto d’oltre cavolo e lasciatela andare per la sua strada con un sorriso in più, che la vita è dura a prescindere.