Jena: l'ultima tappa


21-24 settembre 2011

Volevo scrivere un post super nostalgico e strappalacrime su Jena, la città in cui ho fatto l’Erasmus nel 2003-2004 e conosciuto il biondo. Solo che la sensazione mettendo piede sul suolo jenense è stata strana, estraniante oserei dire.


Per cominciare qualche nozione. Jena si trova in Turingia. È una cittadina universitaria lungo il fiume Saale e conta più o meno 105 mila abitanti, di cui 20 mila studenti della gloriosa Friedrich Schiller Universität. Jena è famosa fin dal passato per due fatti rilevanti: il primo è che qui si è formato il noto circolo romantico, che come ben si sa non era un’agenzia per cuori solitari ma un gruppo di filosofi che si trovava a parlare di cose più o meno interessanti. Il secondo è che il 14 ottobre 1806 i prussiani le hanno prese di santa ragione da Napoleone nella battaglia di Jena. Oggi Jena è anche uno dei centri ottici più famosi della Germania nonché la sede della Carl-Zeiss. I tifosi di calcio più esperti si ricorderanno anche la squadra gialloblu del Carl-Zeiss per un inaspettato e insperato 4 a 0 contro la Roma nel 1981.

Ce ne siamo andati definitivamente da Jena nel 2007 e, a parte un paio di sporadiche comparsate praticamente in giornata, è stato il primo vero grande ritorno.
La città non è cambiata poi molto. Ma noi siamo cambiati in maniera irreversibile.
Jena è rimasta la città giovane di sette anni fa e giovani sono rimasti anche i suoi abitanti. Ecco, attraversare il campus, la Ernst Abbe Platz, ci ha brutalmente messi davanti allo scorrere della nostra vita, andata avanti così in fretta e con eventi più felici che infelici, una catapulta verso un’altra dimensione. Sembra che il tempo si sia fermato lì, con gli studenti che bevono il caffè seduti per terra sull’asfalto già freddo, che si rollano da soli le sigarette per risparmiare qualche euro (e perché in fondo rollarsele da soli fa figo), che discutono in merito a quale sarà la festa più cool della serata. Addirittura alcuni personaggi sono ancora negli stessi luoghi di allora. Docenti, studenti fuori corso massimo, gli artisti in ricerca perenne della loro strada e di un po’ di fortuna. E io me ne vado in giro sfoggiando la mia faccia più vicina ai trenta che ai venti, una faccia che probabilmente in pochissimi si ricordano.
Essere a Jena senza avere più lo status di studente esclude inoltre da tutta una serie di privilegi economici: i mezzi pubblici da gratuiti diventano carissimi, la mensa non costa più una moneta grande, i libri della biblioteca sono ora proibiti.

A Jena mi ero fatta una lista di cose da fare.

La prima: pranzare al Cafè Wagner.
Al Cafè Wagner ci andavo tutti i lunedì a fare gli Hausaufgaben di filosofia e a mangiare le Quarkkeulchen. È un bar vegetariano alternativo e culturale, con divani, sedie e tavoli diversi per ogni angolo, le pareti bizzarre, una terrazza bellissima e un’atmosfera assolutamente antimilanese. Ovviamente ci ho portato Helmut e ho fatto qualche foto.


La seconda cosa da fare: portare Helmut in biblioteca.
La biblioteca di Jena è un sogno! Un edificio di quattro piani, con vetro e luce e tanti libri da perder la testa, più pc ovunque, aulette minuscole in cui rinchiudersi a studiare quando si è proprio sotto esame e non si ha ancora aperto libro, fotocopiatrici, e un orario di apertura inverosimile: dalle nove del mattino alle dieci di sera! È aperta anche di sabato ma “solo” fino alle quattro.
Ho avuto qualche difficoltà a realizzare il mio progetto fotografico in biblioteca. Sono arrivata alla reception con Helmut e ho chiesto se potevo portarlo dentro per fare qualche foto per un blog famosissimo con migliaia, ma che dico…milioni di lettori. Risposta del burbero, lo stesso di 7 anni fa: “I cavolfiori non sono ammessi all’interno dell’edificio”. Indecisa tra lo scoppiare a ridere e l’incavolarmi: “Guardi che mica lo voglio cucinare o mangiare, lo voglio solo fotografare!”. Per fortuna è intervenuta una collega che ha rettificato: “Non è permesso fare foto all’interno dell’edificio.”
Mi è stato permesso però di fotografare l’ingresso e spero che renda almeno un pochino l’idea.



Proprio davanti alla biblioteca c’è un giardino calmo e silenzioso intorno alla casa in cui hanno abitato tanti filosofi famosi, tra cui Schiller. Un posto del genere ti costringe a fermarti e pensare. Schiller e i suoi amici, però, ci hanno passato forse un po’ troppo tempo seduti tra le rose a riflettere…


La terza cosa da fare: mangiare un Bratwurst.
Dire che il Bratwurst è una salsiccia è riduttivo e pure offensivo. È la cosa più turingesca che esista e in nessun altro Land riescono a farlo come qui – addirittura non si può usare la dicitura Thüringer Roster se il Bratwurst non è stato prodotto in Turingia con materie prime locali. Il Bratwurst migliore di Jena è quello del Grillteufel (trad. il diavolo della griglia), un baracchino davanti al teatro. Alle 17 c’è la coda di chi deve placare il piccolo languorino del dopolavoro, una specie di Happy Hour teutonico insomma. L’articolo di Wikipedia (de) dedicato al Bratwurst dice che c’è una direttiva europea che impone al Thüringer Bratwurst la lunghezza minima di 15 cm. Ora guardate l’ultima foto e via alle scommesse: quanto era lungo il Bratwurst di Helmut?

Ah dimenticavo: mangiare il Bratwurst con coltello e forchetta è assolutamente vietato!