Ti aspetto all'angolo

Ieri mentre andavo al lavoro mi è venuto in mente un episodio capitatomi nel novembre del 2004, quindi un bel po’ di tempo fa… (ecco perché userò anche il passato remoto).

Ero tornata da poco meno di due mesi dall’Erasmus e per la prima volta venne il biondino a trovarmi a Milano – il primo viaggio di tre anni di avanti e indietro.
Nonostante avessi spiegato nel dettaglio come arrivare dall’autostrada a casa mia, ero troppo impaziente di rivedere il mio bel tedeschino e decisi di aspettarlo per strada, certa di riconoscere al volo la sua polo verde classe 1991.
Mi misi quindi all’angolo tra Viale Teodorico e Via Marco Antonio Colonna.
Dopo ca. 10 minuti mi si avvicinarono due ragazze molto “scosciate” e mi squadrarono. Poi, con evidente accento sudamericano e saltando i convenevoli, una mi chiese: “Cosa fai?”
E io: “aspetto una persona”.
E lei: “e quanto devi aspettare?”
“Boh, credo una mezz’oretta, c’è qualche problema?”
“Sì, un problema ci sarebbe…questo angolo è nostro!”
“Oh, scusate, allora mi sposto…va bene se mi metto dall’altro lato della strada?”
“Eh no, in teoria sarebbe preso pure quello … però intanto che è via direi che ti puoi mettere lì”.

Ora… tutti penseranno che per accogliere il mio tedesco in trasferta io mi sia messa giù strasexy, stratacchi e stragonna. E invece no! Come vuole la sfiga femminile, tutte le lettrici saranno d’accordo con me, proprio quella sera ero in una meravigliosa tenuta “cose”, che prevede, oltre al pantalone funeral scuro e al felpone per scaldare e nascondere i gonfiori, anche capelli straunti e faccia sbattutissima.

Poco dopo comunque una delle due signorine venne a raggiungermi dall’altro lato della strada per scambiare due chiacchiere e, prima di salutarmi, volle lasciarmi un consiglio importante:
“Noi ora ci spostiamo per un po’, stai attenta perché alle 10 passa la polizia”.

Muchas gracias…ma conciata così come sono dubito che mi faranno storie.